LONDRA parte prima – La Signora del Cinese
Certi viaggi partono bene e altri un po’ meno, ma alla fine la cosa più bella è quando dopo anni puoi ancora ricordare quei momenti trascorsi lontano da casa con un gran sorriso sulle labbra. Uno dei weekend più bislacchi e sicuramente da ricordare fu quello trascorso a Londra, ormai più di dieci anni fa, con il mio amico/fratellastro AF, regalo che c’eravamo fatti per festeggiare degnamente il tuo compleanno.
A questo puto è d’obbligo riassumere questo weekend con un’equazione molto semplice che spiega bene lo stato dei fatti all’epoca:
Londra + Me + AF = NO COMMENT
Era il primo weekend che tornavo nella piovosa città dopo esser rientrato in Italia dalla mia parentesi anglosassone, di cui sicuramente racconterò ben altro in seguito. La scelta per questa città, come teatro delle nostre scorribande, fu motivata da due elementi fondamentali: conoscenza dell’area e menefreghismo della popolazione notturna.
La sera prima era già chiaro il mood dei successivi giorni. Era circa mezzanotte quando nel silenzio del mio appartamento sento squillare il telefono, dall’altro lato della cornetta sento: ”Ma in valigia mettiamo tutto? Vero? Pagliacci?”. Per chi non è dentro a questo gergo forse il tutto può suonare quantomeno incomprensibile, ma per chi come me sa che alcune cose significano ben altro, il senso era molto chiaro. Per non lasciarvi in questo limbo d’ignoranza, vi darò alcune basi di vocabolario scientifico.
Mettiamo tutto? = Vuol dire che stai aprendo l’armadio ricercando tutti quei magnifici pezzi di abbigliamento che ormai non mettevi più da anni, non perché non ti andassero più, ma solo perché volevi proteggere gli altri dal vederti ancora una volta con quei capi.
Vero? = Non mi vorrai mica dire che andiamo a Londra come semplici turisti? Dobbiamo riuscire ad integrarci al meglio con quei fantastici personaggi che popolano le strade di quella bizzarra città, compresa la regina con i suoi completini pastello.
Pagliacci? = L’essenziale nella ricerca all’interno dei meandri nascosti dell’armadio deve avere una linea di apparente coerenza. Ogni singolo pezzo scelto deve essere completamente slegato per stile, colore e foggia dagli altri. Il concetto, ormai credo passato, ma questo lo lascio direi a AF, era MECCIARE (neologismo che sta per mixare generi e mode).
La mia risposta, com’è facile intuire fu: ”ma certo!”. Forse fu una risposta un po’ avventata ma sicuramente si è rivelata azzeccata, alla luce del weekend trascorso.
La mattina successiva eravamo già in strada alla volta di Londra e in poche ore eravamo comodamente seduti all’interno di uno di quei meravigliosi “black cabs” che sfrecciano sulle strade della capitale come tanti damerini su Oxford Street.
La scelta per il pernottamento era ricaduta su un albergo del centro. Una questione puramente strategica, poiché l’intenzione era di camminare parecchio per girare in lungo e in largo il centro durante il giorno e la notte. Il Regent Palace Hotel mi sembrò subito una buona idea, in stile classico (per non dire vecchio), con un costo permissivo (costava poco) e centrale (praticamente eravamo vista cupido). Non sto lì a consigliarlo perché credo che non sia più aperto. Vi fermo subito se state facendo muovere i vostri neuroni pensando che noi possiamo, per qualsiasi motivo, esser stati causa in questa cosa.
Direi che è ora di dare un senso a questo racconto. L’organizzazione della serata ruotava principalmente sulla cena, o meglio su dove io avevo detto ad AF che lo avrei portato non appena arrivati. Per settimane avevo elogiato al mio compagno di viaggio la paradisiaca cucina casalinga di una vecchietta cinese che ospitava i suoi clienti in un piccolissimo appartamento di Soho. Un piccolo palazzetto in perfetto British Style: vecchio, malconcio, dipinto con colori accesi e pieno di incrostazioni. A questo luogo io avevo legato tanti dei miei più bei ricordi di quei giorni trascorsi a Londra, e proprio qui avevo provato per la prima volta piatti tipici della tradizione Cinese come: Changshou Mian, Yuebing e Maiale Moo shu.
Ripetutamente avevo raccontato di quanto erano buoni gli ingredienti, di come la dolce vecchietta riuscisse a farti sentire ben voluto e di come si dedicava ad ogni singolo tavolo per assicurarsi che tutto fosse perfetto e piacevole per i commensali. Un modo di fare già raro da trovare ma ancora più inaspettato se parliamo di ristoranti cinesi, che come sapete nella maggior parte dei casi hanno solo su due valori: basso costo e tanto cibo poco definibile.
Il mio lavoro di costruzione di un’immagine idilliaca del luogo che stava per ospitarci, era durato tutto il viaggio in aereo, i chilometri in taxi e buona parte della passeggiata che da Piccadilly ci aveva portato alle spalle di Leicester Square. Durante tutto questo tempo mi ero soffermato più volte e raccontare con dovizia di particolari tutte le sfumature di sapori e profumi che quelle tante pentole borbottanti riuscivano a creare in quello spazio così minuscolo. Completamente circondati dalla cucina, giacché era un unico spazio al primo piano con solo quattro tavoli da quattro commensali per, sembrava di essere al cospetto di una maga. Il tutto diventava un piacere per il palato non appena queste pentolacce ci scoperchiavano e insieme agli aromi e al vapore affioravano i famosissimi ravioli realizzati in tutte le salse e con infinti ripieni. Rigorosamente tutti fatti a mano dagli aiutanti della signora Lin.
Percorriamo la strada del ristorante ma nulla, non lo trovo, torniamo indietro e ancora nulla. Un dubbio si insediò nella mia mente: “ma mi ricordo dov’era o ero uscito sempre con troppi bicchierini grappa di riso sulle spalle?”. Abbiamo continuato a girovagare per un po’ fin quando, stremati ed affamati ci siamo appoggiati al un portoncino vuoi per fare un punto sulla situazione e sia per darci una nuova meta. E’ proprio in quel momento che ci accorgiamo di un piccolo pezzetto di carta a righe, affisso sulla porta che riportava il seguente testo: “Death in the Family – Bye Miss LIN”.
Terrore e tristezza ci hanno conquistati in pochi secondi, gelati da quel piccolo foglietto bianco appeso con un pezzetto di adesivo a una graziosa porticina rosso lacca. Ma tutto questo non era un caso, un senso premonitore mi era stato dato da AF già qualche ora prima quando … seduti tranquillamente in aereo, all’inizio del mio elogio, il cinico personaggio che era la mio fianco aveva provato a dirmi, con mio grande sdegno: “ma siamo sicuri che dopo tutti questi anni la signora è ancora li?”. Forse avrei dovuto riflettere meglio su quelle parole ma per me non erano importanti perché in ogni caso i miei ricordi con Miss Lin erano ben conservati nel mio cuore.
Questo come potete capire ci ha portati a dover riorganizzare un piano cena, che fortunatamente non è stato così complesso come pensavamo visto che si è sfruttata la soluzione per la seconda sera, Busaba Eathai Thai Restaurant.
Questo all’epoca moto frequentato, ristorante Tailandese è nella mia lista dei posti dove andare a Londra perché si cena in un atmosfera di piacevole caos etnico modaiolo. Nel senso che seduti a cerchio su immensi tavoli in legno, fiocamente illuminati da grandi lampadari in tessuto, si condividono: spazio, storie, idee e in alcuni casi anche il cibo, sempre se il tuo vicino è un tipo socievole.
L’idea di mangiare Thai non aveva proprio entusismato AF, non so se perché era già a conoscenza di una piccola sua avversione per il jasmin o perché il retrogusto di saponetta del ginger non gli stuzzicava il suo palato. Fatto sta che ci siamo seduti e con la velocità che contraddistingue gli affamati cronici, abbiamo subito ordinato in abbondanza.
La cena si è svolta in modo piacevole alla scoperta di tanti sapori stuzzicanti per me e con tante emozioni floreali per AF, che non sono all’altezza di descrivere come farà sicuramente lui in un prossimo commento.
Credo che fossero l’una quando finalmente uscimmo alla luce della luna e pianificammo l’inizio del nostro tour tra o vari bar della zona, ma questa è un’altra storia.
Menù
- Yam sam som – blood orange, pomelo, coconut, red chilli, dried shrimp and shallot
- Chiang mai noodle – chicken, curry coconut soup, egg noodle and pickled mustard
- Pad Thai – rice noodle, prawn, dried shrimp, tofu, egg, peanut, beansprout and lime
- Ginger beef – Thai pepper, chilli and spring onion
- Green chicken curry – pea aubergine and corn
- Goong tohd – breaded prawn and chilli lime sauce
Morale:
Non è importante avere sempre delle certezze ma sicuramente è piacevole e rassicurante avere dei bei ricordi che possano riempire il tempo che passa tra una scoperta e l’altra. E se ti capita di perdere un punto di riferimento cercane subito un altro così non resterai senza cena.
Busaba Eathai Thai Restaurant
106-110 Wardour St – Soho, London W1F 0TR – UK